ULTIMI BAGLIORI DEL SETTECENTO. SCENE DI VITA QUOTIDIANA

  • by Francesca - Mer, 29/04/2015 - 10:26

di FRANCESCA STRAZZI, Dottore di Ricerca in Storia e Letteratura italiana dell'età moderna e contemporanea

Chi è Henry Beyle, meglio noto con lo pseudonimo di Stendhal? E perché parlare di lui in una pagina dove si vuole dare risalto al territorio e alla cultura che ne ha trasformato i contorni e lo stile di vita? Perché lo scrittore nativo di Grenoble, fu così innamorato dell’Italia e della Lombardia, in particolar modo di Milano e dintorni, da dedicare pagine e pagine di pura passione al nostro paesaggio e alle nostre donne. Stendhal, autore del Rosso e Nero e della Certosa di Parma, non è il solo grande amatore che la letteratura ci ha regalato, ma sicuramente le pagine delle sue memorie gettano una luce interessante su questo curioso personaggio, che sperimentò, per primo, il mal di Lombardia. La Varese di Stendhal, così come traspare dai suoi ricordi, intreccia vita e letteratura del territorio alla ricerca di un luogo mitico dove la fantasia incontra la realtà. Nelle sue memorie su questi siti che diventarono celebri con la locomozione a vapore prima e con quella elettrica poi, la storia e la poesia sono messe al servizio della ricerca di un passato irrimediabilmente trascorso e nella comprensione di un fatto psicologico e artistico, quello appunto della nascita di una provincia. La piccola guida. Uno dei grandi hauts lieux della letteratura mondiale soggiorna a Varese, presso la Madonna del Monte, dove si compiace della comodità dell’albergo, il casino Bellati, attiguo alla chiesa, nonostante per giungervi il viaggio non fosse stato dei migliori. Beyle viaggia su una disgraziata portantina, tutt’altro che elegante formata da un cuscino e da un pezzo di tela e da un ombrello il cui manico gli colpisce sempre la guancia. Del resto cosa non farebbe un uomo per un appuntamento galante con una bella contessina qui di stanza! Le sue digressioni sul territorio ci forniscono ante litteram una piccola guida Baedeker dove non mancano indicazioni logistiche sui trasporti: «Parto questa mattina alle otto da Varese per Laveno, dove arrivo alle undici. I luoghi sono così belli che la fantasia non saprebbe aggiungervi una sola linea. Ho dunque trovato il paese in cui ci si può abbandonare nelle braccia di una bella natura, e a sei ore soltanto da una grande città. Non si potrebbe davvero desiderare di meglio. […] Piove sempre con intervalli di nebbia». «Partiamo per Varese, piccola città le cui case si sono trasformate negli ultimi dieci anni, in palazzi. Andiamo al Casino. Estrema cortesia degli abitanti di Varese: ci conducono all’Accademia che la signora Frassini offre ai suoi compatrioti». I vari appunti che Stendhal dedica a Varese mostrano le peculiarità del suo stile, la brevità, l’andamento bozzettistico, il gusto per l’aneddoto e le digressioni romantico-sentimentali, come quando trovandosi presso la Madonna del Monte non riesce a incontrare la dolce Simonetta a causa di un marito geloso e di due monache della cui esistenza l’autore stesso non può che dubitare, non avendo mai avuto la ventura di un incontro. Chiunque sia nato o cresciuto sulle Prealpi o nel capoluogo lombardo dovrebbe leggere le memorie di questo amante dell’Italia, una passione così profonda che sulla sua lapide si legge: Aririgo Beyle, milanese, scrisse, amò e visse. Sì Stendhal ritrovò se stesso a Milano, scoprì il suo cuore a Varese e continuò il suo viaggio, dove penna e vita s’intrecciavano divenendo suoi figli.